Grotta preistorica del Vecchiuzzo

AVVISO: Causa cedimenti e infiltrazioni è momentaneamente impossibile accedere alla grotta

Storia delle Ricerche

La scoperta della Grotta del Vecchiuzzo, avvenne nel giugno del 1936 dopo due anni di instancabili ricerche ad opera di Antonio Collisani. In realtà, la grotta era conosciuta già da molto tempo, essendo stata menzionata in una pubblicazione dell’inizio del XX secolo. Giuseppe Inguaggiato, in Historia di Petralia Sottana, riferisce di una leggenda popolare secondo cui un cunicolo, nella montagna che fronteggia il paese, detta Roccabalata, la attraversava tutta, fino al versante opposto di “Lume secco”. Le voci e le leggende popolari la disegnavano come un luogo misterioso e carico di suggestione. Inoltre, le impronte ben conservate, ritrovate da Antonio Collisani all’epoca della scoperta (impronte di un solo uomo con scarpe chiodate), portano a pensare che, all’epoca della Prima Guerra Mondiale, la Grotta del Vecchiuzzo sia servita da rifugio a banditi e disertori. La convinzione di trovarsi di fronte ad un importante sito archeologico spinse Collisani ad insistere nella sua ricerca, portando alla luce, dopo due anni di tentativi, l’ingresso della grotta. In base ai ritrovamenti ceramici fu possibile inquadrare il giacimento archeologico nell’eneolitico. Dopo un anno, nel giugno del 1937, venne condotta da Mingazzini la prima campagna archeologica, durante la quale venne scavata più della metà della caverna. In seguito, nel 1938 si intraprese la seconda campagna di scavo, questa volta condotta da Jole Bovio Marconi, che riuscì a liberare ed indagare anche il settore più interno della grotta. La storia delle ricerche alla grotta del Vecchiuzzo si concluse tra il 5 e il 14 dicembre nel 1966.L’esplorazione approfondita di tutta la grotta permise però agli studiosi di confermare i dati già riscontrati e di escludere definitivamente l’ipotesi di interventi umani atti a regolarizzare le superfici della profonda cavità naturale, che si presenta liscia e piana in alcuni tratti esclusivamente in virtù del tipo di frattura di stacco subito dalla roccia gessosa.

Il Sito

La rocca è di natura gessosa e l’attività estrattiva è durata fino agli anni ‘50 del secolo scorso, si suppone quindi che tale attività abbia apportato modifiche all’ingresso della grotta che in origine si presentava di sicuro in maniera differente. La grotta ha una morfologia complessa. La galleria è quasi rettilinea, ha un’estensione di circa 80-100 m ed è larga per lo più 5 m, la cavità si restringe a m 2,30 e diventa un corridoio più stretto, che dopo una decina circa di metri, riprende ad allargarsi.

Gli Scavi

Il cattivo stato di conservazione della grotta e lo stravolgimento perpetuato all’interno del deposito archeologico posero il problema di un intervento di scavo mirato al recupero di più informazioni stratigrafiche possibili. I ritrovamenti permisero di inquadrare il deposito antropico dal paleolitico (strumenti in quarzite e selce), al tardo neolitico, sino alla prima età del bronzo. La maggior parte del materiale si inquadrava però tipologicamente nel complesso delle manifestazioni eneolitiche. Purtroppo il deposito si presentava rimescolato. Nel corso delle campagne di scavo, le trincee aperte lungo tutto il percorso della grotta restituirono reperti fittili di vari tipi: “grezzi, bruno-incisi, dipinti stile Serraferlicchio e Petralia, mescolati senza distinzione di livelli”. Fra i rinvenimenti degni di nota furono individuati: una probabile area di lavorazione testimoniata dalla concentrazione di scarti di lavorazione tra cui nuclei e schegge in selce e in ossidiana, un percussore, ossa e corna; una pavimentazione rudimentale formata da pietrame vario; un vero e proprio muro divisorio costruito per separare la parte più interna della grotta, divenuta pericolosa probabilmente in seguito a frane; uno spillone in bronzo, unico ritrovamento in metallo, conficcato nel tritume gessoso; infine, i resti di una probabile inumazione, rinvenuta all’interno di un fondo di vaso, da rapportare anche alle altre ossa sparse disordinatamente in quest’area interna. Nel corso della seconda campagna, la Bovio Marconi portò a termine l’esplorazione totale della grotta, addentrandosi nei cunicoli parzialmente coperti da massi di crollo. Qui vennero scoperti sette focolari ed una probabile fornace scavati nel deposito di argilla sedimentaria che ricopriva il suolo roccioso della grotta.

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